Negroamaro, lo spirito del Salento.
Dici Negroamaro e ti viene subito in mente il Salento, caldo, accogliente ed ammaliante.
Pensi a tramonti in riva al mare, a soleggiate giornate trascorse all’ombra di un maestoso ulivo millenario, a cene interminabili ma gustose dove la prelibatezza di una cucina povera (negli ingredienti) sono accompagnate da calici di questo vino che sembra una poesia.
Negroamaro: la storia di un vitigno e di un vino
Non ci sono notizie certe sull’origine di questo vitigno o sull’epoca in cui inizia ad essere coltivato in Puglia.
Molti studiosi, però, sono concordi nell’affermare che la sua coltivazione inizia, in questa zona d’Italia, durante la colonizzazione greca. Siamo, quindi, a cavallo tra l’VIII e il VII secolo a.C., ai tempi della nascita delle polis magnogreche in tutto il Sud Italia.
Notizie più sicure risalgono al 1880, quando negli Annali di Viticoltura ed Enologia si parla di un bruco che minaccia di danneggiare le viti di Negroamaro in Salento.
La storia di questo vino è simile per certi aspetti a quella del Primitivo.
Come il Primitivo, anche questo veniva considerato solo un vino da taglio per l’alta concentrazione di zuccheri al suo interno. Questo lo rendeva perfetto per essere mescolato a vini del Nord Italia, con tenori alcolici più bassi, come il Sangiovese.
Negli ultimi 10 anni, però, questa tendenza si è fermata.
I produttori salentini hanno iniziato a produrre Negroamaro in purezza, creando un prodotto che viene sempre più apprezzato dal mercato.
Negroamaro: la storia di un nome
Se avvolta nella nebbia è la storia antica di questo vino, anche quella relativa al suo nome è poco chiara.
Per alcuni il nome deriverebbe dal griko, una lingua parlata nella Grecìa Salentina, e sarebbe il risultato dell’unione tra la parola mavro (nero) e quella latina nigrum (nero), ad indicare un vino dal colore nero, impenetrabile.
Altri, invece, hanno indicato nella parola dialettale salentina niurumaru, l’etimologia del nome, indicando un vino dal colore nero e dal sapore amaro, dovuto ai tannini.
Anche la diffusione del nome è enigmatica.
Il prodotto di questo vitigno era conosciuto con nomi diversi nei comuni in cui era presente: Jonico a Galatina, Lacrima a Squinzano, Abruzzese a Valenzano, Albese a Campi Salentina o Lagrima a Montemesola.
Tutti, però, erano concordi nel ritenere il vitigno molto pregiato in quanto si credeva che nessun’altra uva potesse dare tanto mosto.
E oggi?
Oggi il Negroamaro è diventato un simbolo del Salento e del piacere di vivere in questo angolo di Puglia.
Quello che si produce e si beve oggi è un vino morbido che accompagna alla perfezione un pasto a base di carni rosse o di primi piatti robusti, un vino capace di regalare profumi intensi ed emozioni ed esperienze impossibili da dimenticare.
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